sabato 21 giugno 2014

Estrazione e gestione dell’acqua: dal pozzo alla fontana

L’acqua nei pozzi diviene più fredda d’estate, perché la terra si screpola per la calura, e se per caso contiene suoi propri germi di fuoco, li sperde nell’aria. […] Dicono che sia presso il tempio d’Ammone una fontana fredda nella luce del giorno e calda nella notte.

Frigidior porro in puteis aestate fit umor,
rarescit quia terra calore et semina siquae
forte vaporis habet proprii, dimittit in auras.
[…]
Esse apu Hammonis fanum fons luce diurna
frigidus et calidus nocturne tempore fertur.

VI, vv. 840-842; 848-849 (p. 463)


L’estrazione dal sottosuolo dell’acqua è una pratica che risale al Neolitico, l’ultimo periodo dei tre che non casualmente costituiscono la prestorica età della pietra. Il pozzo più antico scoperto è datato intorno 8100-7500 a.C. nel sito archeologico sottomarino di Atlit Yam, in Israele. La notevole conoscenza in ambito idrico dei Romani permise loro, in un secondo tempo, di costruire luoghi dove attingere l’acqua nelle città, senza sfruttare direttamente il pozzo. Le fontane, intese con l’odierna accezione architettonica che viene loro conferita, furono un prodotto della cultura ellenistica. Nell’antica Roma queste costituivano strutture spesso particolarmente possenti e quasi sempre sacre: i ninfei. Presso essi la popolazione poteva così trascorrere momenti di otium. Il tempio citato da Lucrezio è il complesso templare egiziano situato presso l’antica Tebe.

Ninfeo di Egeria

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